Estate di fiamme

Un fiume di parole improvvise, quel piano folle ma lucido di dettagli che sgorga dalle sue labbra, ora sciolte, matte e rosse come il fuoco che ha appiccato.

Ma ora l’avversario più duro è proprio quel fuoco già adolescente e cattivo, che se l’è presa con le sterpaglie e minaccia già gli alberi.

Il vento caldo sposta le fiamme e le fa volare nel cielo come fossero uccelli leggeri. E dove si posano trovano chiome di alberi; che siano pini, querce, frassini, è indifferente: esse prendono forza e si alimentano delle fronde. Il rumore della mandibola del fuoco che mastica è il crepitare delle foglie che vi si arrendono. E il fumo prodotto dal crudele pasto, avvolge l’aria.

Le fiamme arrivano ora vicine alle case. I proprietari srotolano velocemente lunghi tubi, comprati per le emergenze, e li collegano con le cisterne d’acqua. Sparano sul fuoco. Lo feriscono ma non lo vincono. Però lo tengono a bada il tempo necessario a che arrivino i soccorsi.

La lotta è lunga una notte interna. È violenta. E rossa.

Poi il fuoco viene abbattuto. Il suo cadavere è subito cenere.

L’odore acre di bruciato graffia le narici, e scarpe ormai annerite calpestano tizzoni ancora un poco animati, impastandosi con essi.

Spento il fuoco e finita l’estate, la terra è coperta di cenere che si insinua in ogni angolo, coprendo la terra nuda come un velo pietoso che copre una donna pudica pur alludendo, con la sua stessa presenza, al corpo svestito che cela. Così, la collina non è più prato, orti e boschi, ma nuda terra coperta da cenere nera. E sopra la cenere, come ornamenti, si spostano trasportate dal vento le foglie bruciate degli alberi, simulazione di un autunno che non ha fatto in tempo a prendersi le foglie ancora vive: come morte precoce e innaturale, sono colorate di rosso e marrone dalla fiamma d’agosto.

Alla fine i resti del fuoco non si vedono quasi più. La cenere è arata insieme alla terra, così da sfruttarne le proprietà fertili ed evitare che corra ancora, trasportata dal vento, da una parte all’altra, annerendo tutto quanto. L’aspetto della collina appare adesso scabro, ma pulito e pronto a risorgere.

Un nuovo bosco è già stato avviato: i piccoli alberelli sono piantati in segno di speranza, anche se sembrano ancora solo delle croci nella terra dove prima c’erano tutti quei bei frassini da manna. Un cimitero di alberi, ma fatto da arbusti vivi, che col tempo faranno ombra e renderanno nuovamente rigoglioso il paesaggio. Perché proprio come nel fuoco, che può essere luce e calore oppure distruzione, due antipodi convivono in ogni cosa: la vita e la morte.

Ci rialziamo, dagli incendi dolosi.

Ma arrestate i piromani!