Internet Macht Frei

2008, Barack Obama pubblica qualche “Link”, riceve qualche decina di milioni di “Mi piace” e vince le elezioni presidenziali negli U.S.A. Primavera 2010, in Egitto e Tunisia, facinorosi creano un “Evento” a cui partecipano diverse migliaia di utenti, in “Forse” qualche altra migliaia di persone: Mubarak e Ben Alì  cancellano il proprio Profilo. 2011, Italia, grazie ad un iper commentato “Tweet” trapela la notizia che il Vaticano non paga l’ICI e viene condivisa una foto del signor B mentre si accende un sigaro cubano con una banconota da 1000 Franchi svizzeri in una Ferrari colore blu-stato circondato da cugine e nipoti di premier stranieri: Epic fail. 15 Ottobre 2011, il Mondo Indignato si organizza, 1039 piazze occupate in 87 paesi: Epic win.
“Don’t you know? Talking ‘bout a Facebook Revolution” canterebbe Tracy Chapman. La rivoluzione oggi la si fa su Facebook e Twitter. Da Obama, alle rivolte del Gelsomino, ma anche da noi in Italia, sempre più persone si organizzano nei social network in gruppi di “protesta”: i più numerosi ed attivi quelli contro i privilegi della casta e della Chiesa, ma anche l’esperienza del Popolo Viola e la fortunata campagna referendaria contro la privatizzazione dell’acqua, il nucleare e il legittimo impedimento. Diverse esperienze politiche di opposizione nascono, crescono e si sviluppano attraverso i social network, un nuovo modo di fare politica che si stacca dalle logiche partitiche e sindacalistiche, dove vige un completo orizzontalismo e l’unica ideologia è quella della più totale libertà di espressione. Questa la vera arma vincente. Finalmente non sono i Mass Media a condizionare le masse, ma è la massa che riesce ad usare i Mass Media. Questa è la Digital Revolution, la possibilità di partecipare al flusso di informazioni anziché ad esserne solo soggetti inermi.
Internet ci rende liberi, o almeno così sembra.
Infatti, oltre alle molteplici proposte di legge che pendono sulla testa della rete come una ghigliottina, l’altra faccia della medaglia ci mostra delle contraddizioni non trascurabili. Quella più evidente, nello specifico dei movimenti politici nei social network, è il fatto che questa libertà come nasce muore; non riesce cioè a manifestarsi e concretizzarsi, uscendo dalla rete, nella reale vita politica. La rete è in continua trasformazione ed evoluzione, ma in questo moto continuo l’User medio non trova spazio. Non contribuisce al cambiamento ed unicamente lo subisce, sia a livello decisionale/politico che economico. Internet solo in apparenza è democratico: in sostanza è un’oligarchia di pochi, gli unici capaci di comprenderlo ed usarlo fino in fondo, gli stessi che quindi decidono come internet deve cambiare, come l’uomo deve adattarsi ad esso, e sempre gli unici che guadagnano non attraverso internet ma con internet, la circolazione di dati e la vendita di software e hardware. Il prezzo da pagare per la nostra libertà è deciso dai colossi di Internet ed informatica, Microsoft, Google e Apple, ovvero le solite multinazionali brutte e cattive che fanno i soldi alle nostre spalle.

Internet ci rende liberi, ma questa libertà ci basta? É illusoria? Internet ci rende liberi, con lui possiamo fare le rivoluzioni, ma un “twitter” o un “post” sostituiranno mai una molotov?
No. In Internet possiamo incontrarci, possiamo organizzarci e possono nascere nuove idee, richieste ed istanze, ma rimane di fondamentale importanza la reale attività politica, quella di un popolo che esperisce la protesta nella realtà, partecipando e manifestando le nuove idee per creare un cambiamento concreto e non solo virtuale, uscendo dalle logiche di potere che la stessa rete e il mondo dell’informatica subiscono.
Arrivederci al 2084.

di Eric Parolin