Lacrime nere in ascensore

Nell’ascensore c’è una targhetta che dice “PORTATA MASSIMA 4 PERSONE” ma io penso che se salisse il signor Frazzetta del sesto piano ci sarebbe posto solo per lui e per il suo cane. Quel giorno ho solo otto anni e mia mamma è in piedi vicino a me, nell’ascensore con la targhetta e l’odore di sigaretta. Piange e il rimmel le cola lungo le guance rigandogliele di nero. Anche io vorrei piangere ma non riesco. Stiamo tornando su al quarto piano dopo essere stati in cortile. Dopo la scoperta. Stiamo tornando a casa nostra dove mio padre si sta per gustare il suo caffelatte con le fette biscottate. Lui sente la chiave girare nella toppa e ci vede comparire sull’uscio, mia madre che piange lacrime nere ed io coi pantaloncini corti e la maglia di Snoopy. Perché mia mamma mi portava sempre a scuola, mi caricava sul sellino dietro della sua bicicletta e faceva la salita che costeggiava la stazione dei pullman blu alzandosi sui pedali. Dal mio seggiolino la vedevo faticare su quella salita e mi sembrava un eroe del Giro d’Italia, anche se aveva gli orecchini e il cappotto rosso. Mia mamma dice, tra le lacrime: “Ci hanno rubato le bici…” e mio padre sta lì, a bocca aperta, il fumo del caffelatte forma una nuvola davanti al suo viso, la fetta biscottata che ha appena tirato su mezza pucciata si sfalda, ne ricade un pezzo nella tazza e il liquido marroncino schizza sulla tovaglietta del Mulino Bianco.