Le cose importanti

Hai passato l’intero giorno di riposo ad abbrutirti davanti al computer.

Cerchi di scrivere qualcosa di buono per il romanzo, non hai parlato con nessuno. La webcam incorporata nello schermo ti ha vista divorare un pacchetto intero di patatine alla paprika. Una briciola si è infilata nella fessura tra la G e la H. Hai provato a toglierla, ma si è spezzata. Un frammento è sparito sul fondo e ogni volta che ci batti sopra scricchiola.

A metà pomeriggio ti fa male lo stomaco e senti arrivare l’emicrania. Ti sembra di aver buttato il tempo, di aver bruciato ore di vita in cambio di nulla. Hai bisogno di uscire.

Accendi la macchina e parti in direzione supermercato: fare la spesa è più sano che rimanere un minuto di più inchiodata alla sedia.

Nel breve tragitto che separa casa tua dal negozio, quasi a metà percorso, la incroci.

Viaggia in senso opposto al tuo. Sei ancora avvitata in una spirale di pensieri malsani, e non te ne rendi conto subito. Ma dopo la curva, lungo il rettilineo, eccola lì. Il pupazzo di legno intagliato a mano da tuo padre ballonzola appeso alla molla sotto lo specchietto retrovisore.

È lei. Tua mamma. Di ritorno dal lavoro.

È casa. Anche se nessuna di voi si trova a casa.

Non la vedi da una settimana, i vostri turni di lavoro ve l’hanno impedito. Temi che non faccia in tempo a riconoscerti. Nient’altro importa adesso. Non il romanzo, né il giorno buttato al computer. Ora la cosa che desideri di più è che alzi gli occhi sul parabrezza della tua Punto e si accorga di te.

Le fai gli abbaglianti. Il buio sta iniziando a calare e riesci ad attirare la sua attenzione.

La saluti con la mano, ti esce un ciao urlato che sai benissimo non potrà attraversare i vetri.

Lei ricambia suonando il clacson.

Entrambe andate a velocità sostenuta e non fate in tempo a frenare. Ognuna continua per la sua strada. Ma vi siete riconosciute.

Ti si apre in viso un sorriso immediato. Forse è lo stesso di quando eri bambina e lei era nutrimento e sopravvivenza. Quando era tutto il tuo mondo.

Ora sono passati trentacinque anni. Alcune tue vecchie compagne di scuola non potranno mai più avere una madre ancora in vita. Nemmeno per un’ora.

In un attimo, tutto l’abbrutimento accumulato è svanito. Disciolto sopra quelle buche rattoppate nell’asfalto.

Il peso di un giorno intero è riscattato da un saluto tra due auto, in una piccola strada comunale poco illuminata. Spazzato via dalla consapevolezza delle cose importanti.

La giornata è salva. E nulla potrebbe renderti più felice.