L’infinito

Fra tutte le sue ricchezze e proprietà, quella siepe era la più cara che possedeva. Ogni giorno la modellava con cesoie d’oro, accarezzandola con cura lungo tutto il suo tragitto. Sospirava, pensando a quando non era che un giovane arbusto di bosso che non arrivava neanche alla mediana del cancello, oltre il quale si poteva ancora intravvedere l’orizzonte. Ora, invece, ovunque si volgesse lo sguardo, si era avvolti in una parete sempreverde di tranquillità e solitudine. Poche persone avevano accesso alla villa: la governante, il tuttofare, il medico, tecnici e fattorini occasionali. Nessun giardiniere, ovviamente, almeno non per la sua siepe. Non aveva motivo alcuno di uscire, lì trovava tutto quello di cui aveva bisogno.

Così invecchiò solo, trascorrendo le giornate a innalzare lentamente il suo muro. Quando capì che non gli restava più molto da vivere, decise di fare testamento. Fece giungere in tutta fretta il miglior notaio del paese e gli dettò la sua unica volontà: il suo impero sarebbe andato interamente alla sua siepe, ovvio. «Ad una siepe?» strabuzzarono gli occhi del suo interlocutore. «Certo, si trova laggiù e ovunque intorno a noi. Prenda nota.» esplicò la mano tremante del vecchio, puntualizzando con l’indice sul prezioso documento. Quel diavolo di un notaio lavorò giorno e notte per dare luce, nel settimo giorno, al capolavoro più impeccabile di tutta la sua lunga carriera.

Dovete sapere che i possedimenti oggetto del lascito consistevano in immensi storici palazzi e sconfinate terre, solide industrie manifatturiere e laboratori sperimentali di avanguardia sparsi per il mondo intero e che, quando il vecchio morì, nessuno beneficiò più del frutto di tutte quelle ricchezze. Eccezion fatta per un misero giardiniere, autorizzato ad accedere al Consiglio di Amministrazione e ai conti in banca per provvedere al mantenimento della struttura e della siepe. Egli si trasferì subito all’interno della villa, da solo come previsto nel testamento, con l’unico scopo di provvedere a tutte le necessità della pianta, fino alla fine dei suoi giorni.

In fondo, lì trovava già tutto quello di cui potesse mai aver bisogno.