Chi Nasce Avaro Muore Infelice

Avarizia. (Dal latino avaritia, deriv. di avarus, avaro)
“Eccessivo ritegno nello spendere e nel donare”.
A quanto pare il significato di questa parola era già noto ai nostri antenati e la Treccani nell’insieme delle sue lettere imbriglia l’essenza dell’uomo moderno.
Non c’è spesa (per sé) non c’è dono (per gli altri). Che brutta bestia.
Cosa spinge una persona all’avarizia? Cosa scatta in una persona vittima di questo “eccessivo ritegno”? Questo arido blocco che impedisce il più banale degli scambi dare-avere…É la paura.
Se estendiamo questo concetto a tutto ciò che non riguarda il denaro in senso stretto, vediamo come l’avarizia si costituisca come Caronte, traghettatore di entrate e di uscite.
Se do troppo è un disastro, se non do per niente é un disastro, se do poco è un disastro. É una bilancia al millesimo grammo di emozioni-reazioni che noi, uomini moderni, ancora non abbiamo imparato a tarare.
Sarebbe così facile se potessimo liberarci di questo blocco e cadere nell’abban-dono completo delle nostre più profonde espressioni. Che senso ha la vita se non trasformiamo in QUALcosa ogni cosa tocchiamo, guardiamo, respiriamo?
Arriveremmo alla fine della nostra esistenza senza aver lasciato il segno, goduto di emozioni intense e pure viziose, senza aver sperimentato la felicità.
Facciamo diventare il brutto Caronte un Helios, saliamo ad oriente e corriamo fulminei verso il sole. All’Ade ci andremo comunque. Meglio scaldarsi il cuore e le ossa nel frattempo.