Il sole che non c’è

“Mi piace guardare il sole quando non c’è”.

“Come fai a vedere il sole se non c’è?” mi chiese Mirella.

Scossi le spalle e continuai a guardare il cielo, il sole era là, lo sapevo. Era una di quelle giornate in cui la luce statica rende tutto più opaco.

Quell’aria mi fece venire in mente il sorriso di Veronica e il suo banco di saponi colorati. Rammento ancora la sua voce dolce e rotonda che raccontava del suo girovagare e dei vari personaggi che incontrava nei mercati della provincia. Era splendida. Ed io l’ascoltavo osservando i suoi occhi verdi come le sue saponette. Al paese la conoscevamo tutti e aspettavamo febbrilmente i giorni delle feste per vederla.

Quell’anno, però, alla Fiera del Vento non si presentò. Chiesi in giro, ma era come scomparsa. Gli altri venditori non avevano nessuna notizia di lei, solo una signora che aveva ascoltato le mie domande disse che era sicura di averla vista nella zona di Torre del Mare.

“Lasciala perdere, quella” mi dissero gli artigiani. “È strana, non ti ci affezionare.”

Non capivo cosa volessero dire. Scossi le spalle, mi riusciva bene.

La settimana dopo presi una corriera per Torre del Mare. L’afa era opprimente, faceva appiccicare il colletto della camicia di lino alla pelle dei sedili, mentre dai finestrini entravano solo aria calda e colline color ocra.

Arrivai al paese prima di pranzo; ero convinto di vederla per le strade del borgo, ma era pressoché deserto. Entrai a chiedere indicazioni in una latteria e mi rivelarono che il mercato era in pineta, non lontano dal centro. Camminai ancora mezz’ora prima di raggiungere i numerosi banchi disposti a caso sotto il frinire delle cicale. Iniziai a passeggiare osservando i venditori dai vestiti colorati e dalla pelle inaridita dal sole e dall’aria marina.

Veronica era appostata non lontano dalla spiaggia, sotto un pino robusto, al riparo dalla luce e dalla calura. La salutai e lei ricambiò.

“Che bello rivederti”, dissi d’istinto.

Lei abbassò lo sguardo. Feci lo stesso e intravidi i suoi sandali.

“Sei qua in villeggiatura?” mi chiese con leggerezza.

“Sono solo qua”. Feci una pausa. “Mi mancava il colore delle saponette”.

“Il colore manca a tutti di questi tempi”.

Si voltò e indicò alcuni pezzi color indaco a un passante che guardava interessato. Io la osservavo con cura cercando di non farla sentire in imbarazzo, era indaffarata e bella. “Tornerai per la prossima fiera?”.

“Le fiere hanno il problema di essere poche, non mi danno abbastanza da vivere, però mi piacerebbe tornare”.

“Non posso darti torto. Quanto ti fermi a Torre del Mare?”.

“Finché avrò saponette”.

Guardai il banco, una distesa color smeraldo affumicato si allungava sul panno bianco.

“Se potessi, le comprerei tutte per farti tornare”.

“Senza saponette non potrei mai venire al paese, non avrei niente da vendere”.

La guardai con la testa piegata come quando si ascoltano dei consigli, e le risposi: “È strano come a volte le saponette portino in posti impensabili. Non sono mai stato qui prima d’ora e credo che non tornerò mai più, ma questo paese avrà sempre il profumo delle tue saponette nelle mie narici”.

Lei sorrise, mi guardò con un amore materno che non potevo sostenere, e rimase in silenzio.

Abbassai di nuovo lo sguardo. “A volte i sogni non si addicono alla realtà”. Scossi le spalle, mi voltai e tornai a casa con la corriera delle cinque.

Sulla via del ritorno, una luce flebile filtrava obsoleta attraverso lo strato di nubi. Il sole c’era, ma non c’era. Lo dissi ad alta voce scrutando fuori dal finestrino.

“Allora come fai a vedere il sole se non c’è?”.

La voce di Mirella mi riportò al presente. La guardai, era buffa con quei riccioli folti e l’espressione imbronciata, e mentre la guardavo, mi tornava in mente lo sguardo di sua madre. Le sorrisi e scossi le spalle.