Sto cercando di esprimermi

Ho sparato all’amore, l’ho colpito in pieno petto ma non è morto. Allora son morto io. Mi sono sentito morire, mi sono visto morire: da fuori ero uno spettacolo pietoso e da dentro assomigliavo a un’interpretazione metafisica della vita. Sangue e pensieri che si rincorrono, a metà tra un Kandinskij e un film di Tarantino. Chi avrebbe mai perdonato Bill? Io no di certo. Chi perdona il colpevole ha soltanto paura del giudizio di qualcun altro. È panico. Lo stesso di chi deve chiedere scusa.
Sei con lui adesso e ti diverti, io sono felice e ti ammazzerei per questo. Ti ammazzerei e non sarebbe la prima volta e come la prima volta già so che non ci riuscirei: ho provato a spararti, non ha funzionato; a dimenticarti, non ha funzionato lo stesso. Non funziona mai. Sono solo più stanco, più vuoto, galleggio in un senso di colpa universale. Chi ti ha visto camminare m’ha detto che sei più leggera di una piuma: su di me pesi quanto il mondo intero. Pago tutto il male che ti ho fatto.
Prendo appunti su come trasformare un amore inutile. In utile. Gli appunti sono inutili. La nostra storia è stata utile. L’amore è inutile. Trasformare in utile. L’indifferenza con la quale ti ho osservata andare via è l’illusione di poter dimenticare. Credo che ti farò un regalo per farmi perdonare come si fa con i bambini quando iniziano a piangere e non sai più come farli smettere. Ti regalerò due congiuntivi usati: che tu possa, che tu sia.
Dicono che sono uno stronzo. Dicono che non ti meritavo. Dicono che di amore per te non ne ho mai avuto. Tutti bugiardi col cuore degli altri. Ci pensi mai al tempo che abbiamo perso ad ascoltare la rabbia montarci dentro? Agli amici di un tempo ho requisito il tuo nome, è un esilio innocente nella memoria. Ti ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta? Cosa ti ho detto? Io no, io non mi ricordo. È così che mi sono difeso, tu che strategia hai usato?
Ieri notte fumavo una sigaretta, seduto alla fermata dell’autobus che tante volte abbiamo scaldato insieme. Faceva freddo e una ragazza piangeva, l’ho abbracciata senza chiederle neppure il nome. L’ho abbracciata senza sapere neppure perché stesse piangendo. L’ho abbracciata perché quando tu piangevi, non c’ero. Ho un debito di dolore e non ricordo più il tuo nome. Hai sempre detto che Bill l’avresti perdonato: allora perdonami o almeno scusami. Scusami.