Mea maxima culpa

Sì io sono cattiva.
Seguo la mia morale. Non la vostra.
Andate al diavolo. Ho chiesto il permesso per cose che mi appartenevano di diritto. Perché l’ho fatto?
Ogni volta che mi servivano soldi gli sbavavo addosso: -…grazie caro…-.
Una volta l’ho ringraziato perché mi aveva fatto venire.
Insomma, dovevo tagliarmi la lingua.
Ero grata quando mi portava a cena in birreria.
Ma quando mai.
La gratitudine va bene per gli agnellini, i gattini. Per le femmine deboli che siamo, malgrado tutto.
Lo ringraziavo se andava a prendere a scuola la bambina.
Se passava a ritirare in lavanderia le sue camicie.
Perdonatemi, sono figlia femmina di una madre che sguazza nell’inferiorità di genere, perché non ha vissuto altro.
Sono figlia femmina di un padre che ancora crede che la miglior condotta sia concedere poco e motivare niente.
Non chiederò scusa per la lingua lunga. Cattiva reputazione? Eccomi.
La gente mi guarda di sottecchi da quando sa che ho abbandonato il sentiero. Io godo. Io faccio quello che voglio, da un po’ di tempo.
Maledizione! Vivo in un paese che condivide la stazione ferroviaria col vicinato ma che compensa con quattro parrocchie e un miliardo di suorine bianco-azzurre.
Perdonatemi se potete, ma faccio il bagno ogni giorno in vasche di silenzi, di imbarazzi, di sospensioni e pregiudizi.
Devo confessarvi tanti errori. Insicurezze. Paure che affondavano troppo in basso per le mie forze.
Quando mi sono innamorata ho mollato. Subito. Confesso di aver scelto la facoltà più vicina perché lui me l’aveva chiesto.
Più tardi, ho accettato un lavoro dimmerda per gli stessi tristissimi motivi.
Sono stata la brava fidanzata – avevo tutti i requisiti richiesti – del membro di una fratellanza tra le più sessiste sul pianeta terra, e mi facevo andare bene gente che non vi dico.
Cosa non si fa per un po’ di sesso.
Mi vergogno di aver fatto conversazione con certe persone insipide e ignoranti ma, capitemi, mi mancavano gli strumenti per dirgli cosa pensavo veramente dei suoi amici.
Confesso che l’ho odiato ogni volta che mi lasciava sola. Ogni volta. E succedeva spesso.
Ho sviluppato tanti anticorpi e ho nutrito a dovere il risentimento, come le brave femmine sanno fare.
Confesso che mi sono sempre sentita superiore ad un sacco di gente, eccome.
Non chiedo scusa per come divido il mondo.
Se mi piace, tutto bene. Se non mi piace, tanto meglio: c’è più divertimento a demolire.
Perdonatemi ma davanti ai bivi ho imparato a calcolare i miei interessi. È così che faccio.
Sono stronza. Cattiva. Amorale. Così va bene.