Tutta mia (la città)

Potevo ancora tornare indietro. Ma poi la porta si spalancò e apparve Anastasia.

Fine, fregato già al momento delle presentazioni. Mi illustrava la casa e una serie di informazioni inutili e prosaiche e io intanto pensavo ai suoi occhi scuri ed enormi, a quella voce cinguettante che rendeva cangiante e luminosa ogni parola. Già la amavo.

Nell’appartamento vivono altre due ragazze e un ragazzo. Dietro ogni porta c’è una camera, dietro ogni camera c’è una persona, ma io non ne vedo nessuna. Posso solo immaginarli, basandomi su quel poco che mi dicono le loro porte: la locandina di un festival di musica elettronica, una cartina del mondo, un poster con una farfalla.  «E la casa è tutta qui! Che ne dici, la prendi la camera… Attilio? Oh, scusa, Ottavio. Ma tu, esattamente… da dove vieni?».

Che direbbe se sapesse che le ho solo fatto perdere tempo, che vivo qui con i miei, che non sono uno studente fuori sede come loro, che tutto questo è solo un gioco con me stesso? Meglio non scoprirlo. Le dico: “Anastasia, andiamo in esplorazione”.

E giriamo tutta la città, una città stranissima, che non conoscevo affatto. Lei si immobilizza davanti ad angoli a cui non ho mai fatto caso, che mi sembra di non aver mai visto. Si ferma di fronte ai lampioni, ai pappagallini verdi, alle statue senza naso. E fotografa tutto, e tutto filtra, filtro giallo antico, filtro blu freddo, filtro bianco e nero contrasto, filtro seppia malinconia. E sotto scrive frasi così adorabilmente retoriche: “La mia nuova casa. La grande bellezza. Sweet sunset”.

«Tu sei troppo serio! Sei troppo serio e nascondi qualcosa. Un penny per i tuoi pensieri».     

«Anastasia, secondo te è possibile che Ulisse dopo la guerra sia tornato subito ad Itaca, con un viaggio breve, una traversata tranquilla? Dopo dieci anni di guerra, dieci anni di strage (how my brave young life was for ever changed), quello scoglio perso nel mare gli doveva sembrare insopportabile. Forse era anche un po’ uscito di testa. Te lo immagini, mentre si volta di scatto perché gli sembra di aver sentito uno sparo? O la notte, quando si sveglia con le mani che brancolano nel buio, cercando il fucile? E forse quegli altri dieci anni famosi vagò come un pazzo per Itaca, inventando storie folli, scambiando mulini per giganti -– come fece Don Chisciotte – – ma lui li chiamò Ciclopi, e se stesso chiamò Nessuno. (Darlin’ give me your kiss, only understand, I am the nothing man). Dieci anni a girare su stesso, da una parte all’altra di uno scoglio grande come un pugno.».

«Uhm… è una bella storia, Ottavio, ma non ci ho capito niente.».

«Forse allora hai letto L’amico ritrovato? Ricordi, i genitori del protagonista lo convincono a partire per l’America e salvarsi. Loro invece restano in Germania perché non possono andarsene. E si uccidono con il gas. Ma perché? Perché Anastasia non possono andarsene?».